Pubblichiamo l’editoriale di Mons. Mazurkiewicz (COMECE) pubblicato sull’ultimo numero di Europe-Infos, newsletter a cura di COMECE e OCIPE (Jesuit European Office). Il sito, in inglese, francese e tedesco, è all’indirizzo http://www.europe-infos.eu/.
Si è dovuto attendere molto per vedere il primo Padre dell’Europa agli onori degli altari. Molti pensavano che si sarebbe trattato di Robert Schuman, ma il Signore ha deciso che Giovanni Paolo II doveva batterlo sul tempo. Anche se non siamo abituati a chiamarlo “Padre dell’Europa”, non c’è alcun dubbio che sia in gran parte grazie a lui che l’Unione Europea ha assunto la sua forma attuale. Basti ricordare com’era l’Europa all’inizio del suo pontificato per comprendere la portata dei cambiamenti avvenuti da allora. La sua beatificazione è stata un’occasione per ricordare anche le circostanze del suo attentato, che indica che i sostenitori della Cortina di Ferro erano perfettamente consapevoli della grande minaccia che rappresentava per loro un Papa polacco.
Nel 1978, quando Karol Wojtyla divenne Papa, il mondo era diviso in due blocchi contrapposti, la cui linea di confine attraversava il cuore dell’Europa. Per me, giovane studente, quella dicotomia era artificiale e ingiusta. Anche se nel profondo del mio cuore ero convinto che un giorno un sistema così ingiusto come il comunismo sarebbe caduto, non osavo sperare che ne sarei stato testimone con i miei occhi. Eppure, già dall’inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo II era fermamente convinto che l’Unione Sovietica fosse ormai traballante; aveva solo bisogno di una gomitata. Egli doveva “soltanto” convincere i politici occidentali, così come gli ambasciatori presso la Santa Sede.
Descrivendo i confini geografici del continente europeo, il Papa amava citare il generale De Gaulle, che parlava di un’Europa «dall’Atlantico agli Urali». Un anno dopo la sua elezione, cominciò il discorso al Parlamento europeo con le parole «Nella parte d’Europa che voi rappresentate». Nel quartier generale dell’allora CEE, nel 1985, affermò che «gli Europei non possono rassegnarsi alla divisione del loro continente. I Paesi che, per ragioni differenti, non partecipano alle vostre istituzioni, non possono essere allontanati da un desiderio fondamentale di unità; il loro contributo specifico al patrimonio europeo non può essere ignorato».
Sia che l’Unione avesse 12 o 15 membri – era comunque una frazione dell’intera Europa, non solo dal punto di vista geografico e politico ma soprattutto culturale. L’Europa grande “come una stanzetta di Maastricht” era un’Europa mutilata e spesso ignara di quale impoverimento derivasse dal separarsi dall’eredità culturale dell’Europa centrale e orientale.
Per Giovanni Paolo II, l’Europa era soprattutto un continente di cultura, composto dalle due principali tradizioni: l’antichità greco-romana e la sensibilità per la dignità umana della fede giudaico-cristiana. Senza una comprensione dell’eredità cristiana del continente – come Giovanni Paolo II sottolineò a Praga – i suoi cittadini sarebbero stranieri in patria, a prescindere dall’attitudine individuale verso la religione.
Il Cristianesimo non è semplicemente una parte del tesoro dell’Europa di ieri: ne è tuttora la religione dominante. E insieme ai milioni di credenti, ci sono europei che – sebbene non si dichiarino più cristiani – sono comunque influenzati in maniera netta dal patrimonio di valori universali che si sono diffusi e radicati grazie al Cristianesimo: valori come la dignità della persona umana, un profondo attaccamento alla giustizia e alla libertà, l’etica del lavoro, lo spirito d’iniziativa, l’amore per la famiglia, il rispetto della vita, la tolleranza, l’anelito alla cooperazione e alla pace.
Pensando alla storia dell’Europa, dobbiamo riconoscere anche le sue ambiguità e i suoi aspetti più amari. Accanto alle pagine più brillanti, nel XX secolo il continente ha anche visto l’ascesa di ideologie totalitarie, criminali e atee. Per non dover mai assistere al ritorno dei peggiori eccessi del passato – dice il Beato Giovanni Paolo II – l’Europa di oggi deve tornare alle sue radici cristiane per riscoprire il senso profondo di ciò che significa essere europei. Non può rimanere puramente un’entità economica continentale, ma deve davvero evolvere in a comunità culturale e spirituale.
Numerose personalità che si sono distinte nel processo d’integrazione europea sono oggi celebrate a Strasburgo o Bruxelles, dove edifici e piazze portano il loro nome. Sarebbe un atto dovuto e di giustizia rendere omaggio in questo modo anche a un altro architetto dell’unità europea: Giovanni Paolo II.
Mons. Piotr Mazurkiewicz
Segretario Generale della Commissione delle Conferenze Episcopali
dell’Unione Europea (COMECE), Bruxelles.
www.comece.eu
Lingua originale: FR. Trad. da EN e DE di Francesco Masina