I motivi di biasimo per l’Europa delle istituzioni si accumulano da anni, ma c’è un modo per reagire da discepoli di Cristo: l’impegno e la speranza.
Il 9 maggio 1950 il Ministero degli Esteri francese Robert Schuman, oggi Servo di Dio, pronunciava la celebre Dichiarazione con cui annunciava l’intenzione di Germania e Francia, fino a ieri ataviche nemiche, di unire la produzione di carbone e acciaio sotto un’autorità comune, per togliere la materia prima della guerra agli egoismi nazionali. Prendeva via così il lungo cammino dell’integrazione europea. Ogni anno, quindi, il 9 maggio è la festa dell’Europa, celebrata con un dispiegarsi di eventi e iniziative – anche spirituali – che hanno l’obiettivo più concreto di far conoscere meglio l’Unione europea ai cittadini e di far riflettere ad un livello più elevato dove vogliamo andare.
Per noi di Cooperazione Cristiana per l’Europa, celebrare il 9 maggio 2018 significa interorizzare il binomio IMPEGNO e SPERANZA. Non è da figli di Dio rimanere alla finestra, magari proferendo critiche e lamentele a tutto spiano, né cedere alla tentazione (!) del disfattismo.
Gli ultimi tre Pontefici, in particolare, l’hanno ripetuto in tutti i modi:
- San Giovanni Paolo II ha dedicato al continente l’esortazione apostolica Ecclesia in Europa (28 giugno 2003), il cui sottotitolo ammicca alla virtù teologale di cui sopra: SU GESÙ CRISTO, VIVENTE NELLA SUA CHIESA, SORGENTE DI SPERANZA PER L’EUROPA.
- Papa Benedetto XVI, ben prima della scelta del nome del Patrono d’Europa e fondatore del monachesimo occidentale, ha donato alla Chiesa molte pagine preziose sul tema dell’Europa delle istituzioni e dei popoli. E la sua seconda enciclica è intitolata proprio SPE SALVI (Nella speranza siamo stati salvati), del 30 novembre 2007.
- Papa Francesco, non europeo, ha già dedicato agli europei moltissima attenzione, riassunta in un volume curato da Lucio Caracciolo e Andrea Riccardi (Sognare l’Europa), a cui è seguito il discorso al convegno (Re)thinking Europe della Comece (ottobre 2017). Il tema dell’impegno e della speranza sono molto chiari in quel testo:
Infine, l’impegno dei cristiani in Europa deve costituire una promessa di pace. Fu questo il pensiero principale che animò i firmatari dei Trattati di Roma. […] Essere operatori di pace significa farsi promotori di una cultura della pace. Ciò esige amore alla verità, senza la quale non possono esistere rapporti umani autentici, e ricerca della giustizia, senza la quale la sopraffazione è la norma imperante di qualunque comunità. La pace esige pure creatività. L’Unione Europea manterrà fede alla suo impegno di pace nella misura in cui non perderà la speranza e saprà rinnovarsi per rispondere alle necessità e alle attese dei propri cittadini.
L’attualità ci impone una reazione: subirla passivamente o reagire con sano e coraggioso realismo. Non possiamo certo risolvere i problemi dell’Europa e degli europei, ma possiamo decidere di abitare l’Europa da cristiani, cioé donne e uomini che testimoniano con l’impegno la propria fede, speranza e carità. Noi ci stiamo (di nuovo)!