L’intervento del Card. Giovanni Battista Re (Prefetto emerito della Congregazione dei Vescovi) a una conversazione sul futuro dell’Europa con il ministro degli Esteri spagnolo e Romano Prodi, ripreso dall’Osservatore Romano del 29-30 aprile 2013
L’idea di unire nell’interesse di tutti le varie nazioni e i vari popoli del territorio europeo non è del tutto solo recente. Già l’impero romano l’aveva. È un sogno che anche Napoleone aveva cullato. Il disastro della seconda guerra mondiale ha fatto comprendere la necessità di non combattersi e di avviare non solo rapporti di amicizia ma anche di collaborazione, nell’interesse di tutti. Così negli anni Cinquanta fu creata la Ceca, per una collaborazione riguardante il carbone e l’acciaio. Si è pensato poi a una comunità di Stati e si è arrivati all’Unione europea, con un Parlamento comune e un Consiglio d’Europa. Si sono fatti molti passi: si è creato un mercato comune e si è dato vita all’euro, ma siamo ancora lontani da una vera unione.
L’Europa, nei secoli passati, molto ha dato agli altri continenti: ha esportato arte, cultura, scienze, civiltà. Le grandi scoperte scientifiche dei secoli passati hanno avuto luogo in Europa e si sono diffuse nel mondo nelle loro varie applicazioni e conseguenti benefici.
Anche in campo religioso, ha molti meriti. Il cristianesimo non è nato in Europa, la Palestina sta appena al di là dell’Europa, ma l’apostolo Pietro e l’apostolo Paolo sono venuti a Roma, che era la capitale del più grande impero. Il cristianesimo è arrivato in Europa da Gerusalemme e, per quanto concerne l’Europa dell’est, è giunto da Costantinopoli. È stata poi però l’Europa a diffondere il cristianesimo nelle parti più lontane del mondo.
Un continente che ha un’esperienza più grande degli altri, ma in realtà oggi, sul piano mondiale, non conta molto. Certo, è normale che anche gli altri continenti siano andati crescendo e che il loro sviluppo abbia conosciuto molti progressi. Assistiamo inoltre all’emergere e all’affermarsi sulla scena mondiale di grandi e antiche civiltà, come la civiltà cinese, quella indiana e quella islamica, meno antica ma che ha avuto grande espansione. La crescita degli altri continenti e la crescita di queste civiltà tendono a ridimensionare inevitabilmente il primato di cui ha goduto l’Europa. Ma l’Europa deve continuare a contare, e questo anche per il bene del mondo, essendo il continente che ha alle spalle più esperienza e una civiltà basata su valori che hanno radici profonde: radici che portano a Roma e ad Atene e che vanno fino al Monte Sinai, sul monte cioè in cui Dio diede all’umanità i dieci comandamenti che contengono le norme fondamentali per una vita umana e onesta. Dieci brevi norme dalle quali dipende il futuro dell’umanità. L’Europa deve riconquistare una più alta coscienza del suo ruolo, delle sue possibilità e delle sue responsabilità. Per il bene del mondo, c’è bisogno di più Europa.
Verso quale direzione stiamo camminando? Bisogna riconoscere che in Europa si è fatta molta strada verso l’unione, ma è anche vero che siamo ancora lontani da una vera unione. L’entusiasmo di qualche anno fa a favore dell’unione europea è diminuito. L’Europa come idea e come progetto è un po’ in crisi. Gli Stati che compongono l’Unione europea — ora sono 27, ma a luglio diventeranno 28 con l’ingresso della Croazia — sono preoccupati di non perdere i loro poteri. Qualcuno ha pensato che è meglio chiudersi nel proprio orticello. Dobbiamo invece convincerci che l’integrazione europea non ha alternative. Nell’odierna società globalizzata le difficoltà economiche potranno essere superate soltanto se ci si impegnerà insieme. Se l’Europa non fa un passo in più sulla via dell’integrazione politica finirà per uscire dalla storia. Non abbiamo più scelta. L’Unione europea sarà in grado di realizzare le coraggiose politiche che sono necessarie a una efficace ripresa soltanto se avrà un proprio Governo capace di controllare la finanza e di guidare la crescita. Solo allora l’Unione europea potrà realmente funzionare e realizzare servizi importanti per la valorizzazione dei singoli Stati e garantire il loro sviluppo nel rispetto delle tradizioni, della cultura e degli usi di ognuno degli Stati. Dobbiamo riconoscere l’esistenza di un bene comune europeo e impegnarci per realizzarlo.
Anche in un periodo di difficoltà come il presente, dobbiamo credere nella positività di un’Europa unita. In vista di questo, bisogna alimentare e fare crescere una cultura politica di respiro europeo. L’Europa non è un’idea superata. L’integrazione e l’unificazione deve venire dall’interno dei popoli. Non può essere imposta. Deve essere frutto di persuasione. La nuova casa comune europea nascerà soltanto se faremo crescere una nuova mentalità a respiro europeo e una cultura che porti a una solidarietà europea.
Papa Giovanni Paolo II aveva una espressione molto bella: «Una famiglia delle nazioni». L’Europa deve essere la famiglia delle nazioni europee, non può essere ridotta soltanto alla dimensione economica. I pilastri sono sempre stati i suoi valori. Così deve essere anche per futuro. Inoltre bisogna tener presente che senza il cristianesimo non sarebbe quello che è. L’Europa è formata da popoli che hanno lingue diverse, differenti tradizioni culturali e usi; l’elemento comune, che li ha uniti è stata la fede cristiana. Oggi si notano forze che tendono a emarginare i valori umani e cristiani che hanno caratterizzato il suo passato. Si è cercato di eliminare e sostituire tali valori e il risultato è che l’Europa è in decadenza. Non mancano quanti si rendono conto che i valori cristiani sono importanti non soltanto per il passato, ma anche per il presente e per il futuro.
Dobbiamo lavorare per contribuire a rafforzare l’Europa come realtà anche culturale e spirituale. Dobbiamo lavorare perché il cielo europeo non sia chiuso nei confini del terrestre e del mortale, perché significherebbe chiuderlo nel non senso. Il cielo deve restare aperto alla trascendenza: questa è la via per realizzare pienamente la persona umana e rendere la società, più giusta, più umana e più pacifica. L’Europa ha bisogno di un’anima.
Occorre che riconosca e conservi il suo patrimonio più caro, costituito da quei valori umani e cristiani che l’hanno portata ad avere un’influenza sulla storia della civiltà del mondo. Dio deve continuare ad avere posto in Europa. Un’Europa senza Dio non ha futuro. Dobbiamo aiutare Dio a restare vivo nei cuori ma anche nella società. I credenti in Cristo (cattolici, ortodossi, luterani o calvinisti) hanno un valido contributo da dare.
L’Europa deve restare un faro nella civilizzazione mondiale. Se vuole avere un grande futuro non deve permettere che il suo modello di civiltà si sfaldi. Sta vivendo un capitolo nuovo della sua storia; sarà anche bello e grande soltanto se sarà illuminato dai valori che appartengono alla sua anima. © L’Osservatore Romano, 29-30 aprile 2013, pag. 4.