“Unione Europea e Chiese: segnali di attenzione” è il titolo dell’editoriale di Gianni Borsa, corrispondente dell’Agenzia SIR da Bruxelles, che apre l’ultimo numero di SIR Europa. Un testo prezioso, che infonde speranza.

Come abbiamo già avuto modo di ricordare, l’art. 17 del TFUE ufficializza un “dialogo aperto, trasparente e regolare” fra l’Unione Europea e le Chiese (e le organizzazioni filosofiche, punto che non approfondiamo). Il trattato è in vigore dal 1° dicembre 2009, ma l’attenzione ecclesiale all’integrazione europea (e viceversa) è decisamente precedente.

Nel 1971 è sorto il Consilium Conferentiarum Episcoporum Europae (CCEE), cui oggi appartengono le attuali 33 Conferenze episcopali presenti in Europa, rappresentate di diritto dal loro Presidenti, gli Arcivescovi del Lussemburgo, del Principato di Monaco, di Cipro dei Maroniti, il vescovo di Chişinău (Moldavia) e il vescovo eparchiale di Mukachevo. L’annuale assemblea Plenaria del CCEE sta per avere luogo a San Gallo, Svizzera, e affronterà il tema: “Le sfide del nostro tempo: aspetti sociali e spirituali” (27-30 settembre).

È del 1980 invece l’atto fondativi dell’altro organismo di riferimento per il dialogo Europa-Chiesa: la Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE), costituito con l’approvazione della Santa Sede come assemblea di vescovi, delegati dalle conferenze episcopali dell’Unione Europea, per monitorare e dare assistenza al processo decisionale europeo.

Gianni Borsa sintetizza in tre ambiti l’impegno dei cristiani europei, per voce dei loro pastori:

  1. la tutela della famiglia
  2. la difesa della vita in ogni suo momento ed espressione
  3. la presenza delle religioni nello spazio pubblico

L’articolo si conclude indicando la missione di fondo dei cristiani europei: «essere una voce profetica e una presenza costruttiva nell’Europa di oggi». E i profeti, si sa, quasi mai hanno avuto vita facile.

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