Il 9 maggio è la Festa dell’Europa ma non a tutti è noto perché è stata scelta questa data per solennizzare la nascita dell’Unione Europea. In quel giorno del 1950 Robert Schumann, Ministro degli Esteri francese, firmò una dichiarazione con la quale si assunse la responsabilità politica di tendere la mano all’ex-nemico tedesco, proponendo di mettere in comune la produzione delle materie prime della guerra, carbone e acciaio, creando la scintilla per la nascita della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA).
di Paolo Masina
Papa Francesco ci aiuta a vivere questo 9 maggio con un senso dell’attuale che usa le radici per ispirare il domani
Con tale dichiarazione, «l’Europa, stremata dal secondo conflitto mondiale, prendeva risolutamente la via comunitaria, pegno di prosperità, di sicurezza e di pace», afferma lo stesso Schuman, che nel 2021 è stato dichiarato Venerabile dalla Chiesa cattolica. Due i pilastri sui quali, secondo lui, si regge l’Europa: le comuni radici cristiane e la solidarietà.
Questo richiamo alle origini è fondante perché aiuta ad avere sempre presente da dove si è partiti e come. Lo ha ricordato anche Papa Francesco, durante il suo recente viaggio a Budapest e in particolare nel primo discorso, rivolto alle autorità istituzionali e al corpo diplomatico: “[v]orrei tornare sulla fondazione di Budapest, che quest’anno si celebra solennemente. Essa avvenne infatti 150 anni fa, nel 1873, dall’unione di tre città: Buda Óbuda a ovest del Danubio con Pest, situata sulla riva opposta. La nascita di questa grande capitale nel cuore del continente richiama il cammino unitario intrapreso dall’Europa, nella quale l’Ungheria trova il proprio alveo vitale. Nel dopoguerra l’Europa ha rappresentato, insieme alle Nazioni Unite, la grande speranza, nel comune obiettivo che un più stretto legame fra le Nazioni prevenisse ulteriori conflitti. Purtroppo, non è stato così. Nel mondo in cui viviamo, tuttavia, la passione per la politica comunitaria e per la multilateralità sembra un bel ricordo del passato: pare di assistere al triste tramonto del sogno corale di pace, mentre si fanno spazio i solisti della guerra. […] A livello internazionale pare persino che la politica abbia come effetto quello di infiammare gli animi anziché di risolvere i problemi, dimentica della maturità raggiunta dopo gli orrori della guerra e regredita a una sorta di infantilismo bellico. Ma la pace non verrà mai dal perseguimento dei propri interessi strategici, bensì da politiche capaci di guardare all’insieme, allo sviluppo di tutti: attente alle persone, ai poveri e al domani; non solo al potere, ai guadagni e alle opportunità del presente”.
Citare Schuman nei momenti celebrativi dell’Unione europea è frequente, ma di rado è così efficace come nel caso di un altro passaggio del discorso di Budapest: «Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche», in quanto – parole memorabili! – «la pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano» (Dichiarazione Schuman, 9 maggio 1950). In questa fase storica i pericoli sono tanti; ma, mi chiedo, anche pensando alla martoriata Ucraina, dove sono gli sforzi creativi di pace?”. Questa è la domanda su cui si gioca il destino dei popoli d’Europa, dentro e fuori dai suoi confini.Papa Francesco cita anche l’avvincente figura di Santo Stefano, Santo dell’Ungheria e quindi anche dell’Europa.
Questo 9 maggio, quindi, sia la giornata per un rinnovato impegno affinché l’Europa ritrovi la sua via, la sua anima, che sole possono non solo salvarla ma metterla al centro della politica internazionale e crocevia per la pace e lo sviluppo dei popoli.